Quello che ho imparato in quindici anni di gestione di risorse umane (aperta e chiusa parentesi: se vengono chiamate “risorse” un motivo ci dovrà pur essere) è che la prima cosa che deve assolutamente fare un manager è “non fare danni”. Se si riesce a gestire un gruppo di lavoro non stravolgendo competenze, ruoli e attitudini, si è già un passo avanti e a metà dell’opera. La seconda cosa che ho imparato è che il manager deve essere credibile agli occhi del proprio team. Deve rispettare e pretendere rispetto. Deve mettere la gerarchia al primo posto e al tempo stesso usare bastone e carota. Ad essere troppo buoni lo si prende nel culo proprio da coloro che si cerca di proteggere a tutti i costi. Ad essere troppo cattivi, si finisce per essere ammutinati. Perché ci sarà sempre qualcuno, nascosto nell’ombra, che ascolterà le loro lamentele e che non vede l’ora di farvi fuori. Ma al tempo stesso, un manager deve sempre dare la sensazione di avere il controllo della situazione. Deve essere in grado di trovare alternative nei momenti di difficoltà. E deve saper mostrare la strada da percorrere, illuminandola il più possibile con le sue idee e il suo carisma.
La terza cosa è che esiste un tempo per gli esperimenti e uno per le certezze. Posso insegnare come si spunta la merce ad un nuovo assunto il giorno che mi arrivano in negozio tre colli di merce e non quando me ne consegnano duecento, per esempio. Posso spiegare come si fa il visual in un martedì mattina di metà novembre e non il ventitré dicembre, altro esempio. Quindi, come diceva John Belushi, “quando il gioco si fa duro, i duri devono cominciare a giocare”. Perché è compito del manager ottenere il meglio dalle proprie risorse e mettere ogni elemento in condizione di rendere al massimo. Il resto, in linea di massima, verrà da sé.
Zdenek Zeman diceva che “il risultato può essere occasionale, la prestazione mai”.
L’Italia allenata da Ventura, allenatore da me stimato quando allenava i club, non ha seguito una sola di queste regole.
E il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Peccato perché non impareremo nulla nemmeno da questa, ennesima, mortificante, lezione.