LA MIA LAZIO. LA MIA VOCE #2

Lazio-Steaua Bucarest è una partita di quelle che riconciliano con il calcio e con il tifo.

Perché c’è tutto. Tutto. Una rimonta fantastica. La tripletta del bomber. Il ritorno esplosivo di uno degli idoli della tifoseria. Una curva bella, ironica come solo quella Laziale sa essere. E per quanto mi riguarda, è stata l’occasione per convincere un mio caro amico a tornare allo Stadio e incontrare due nostri vecchi amici venuti apposta da Firenze per sostenere la squadra e spingerla alla rimonta.

Il paradosso, però, è che questo Lazio-Steaua, a detta di molti, non si sarebbe dovuto giocare. O quantomeno la Lazio avrebbe dovuto chiudere la pratica all’andata. E allora giù le critiche a Inzaghi per le scelte fatte. E a tutti i protagonisti rei di non aver chiuso subito il discorso qualificazione. Avremmo avuto così un ritorno inutile. Un turnover molto ampio. Una partita forse brutta. Chi lo sa. Fatto sta che non ci sarebbe stato tutto quanto, bellissimo, vissuto giovedì. Questo per dire che il Calcio ha le sue regole che la ragione non conosce. E che a fronte di una partita mal gestita ci potrà sempre essere la partita della redenzione. Quella che fa riscoccare una scintilla. Quella che riscalda, pur nel gelo e nell’umidità di un febbraio fin troppo rigido.

E allora viva il paradosso. Lo stesso paradosso che porta molti tifosi a chiedere alla società investimenti sostanziosi per andare a giocare in Europa. Per poi non andare a vedere la propria squadra giocare in Europa. In modo divino.

In modo speciale.

In modo Laziale.

LAZIO-STEAUA BUCAREST: LE MIE PAGELLE

Strakosha 6: la partita è talmente in discesa che Manzini pe’ nun fallo annoia’ je dà l’IPad come i genitori fanno co’ i fiji al ristorante. Ma proprio mentre sta a gioca’ co’ l’applicazione dei Teletubbies, la difesa fa un mezzo pasticcio e je manda il formidabile Gnegnegne tutto solo davanti alla porta per quel go’ della bandiera che dà un senso a tutte le Peroni bevute dai tifosi rumeni in trasferta.

Patric 6,5: spunta a sorpresa tra i titolari come certi parenti ai matrimoni che te chiedi chi l’ha invitati. E si regala una prestazione tutta cuore, grinta e bimbominkia.

De Vrij 6,5: separato in casa come certi mariti. Fa il suo dovere coniugale al meglio nonostante l’amante lo stia aspettando in un’altra città. E finché gioca così, se lo tenemo sotto ar tetto nostro e je famo pure un piatto de pasta. Poi a giugno, nemici per la pelle.

Caceres ng: simula un infortunio perché c’aveva ‘na punta a Ponte Milvio co’ la vincitrice der concorso “Una Ceres co’ Caceres”.

Bastos 7: sul goal che ribalta il risultato dell’andata si avventa di prepotenza dando vita al nuovo motto rumeno: “Bastos la piglia e amazza famiglia”.

Basta 6: scende sulla fascia co’ la stessa frequenza de uno che porta giù er cane co’ la dissenteria.

Lulic 6,5: il rientro sul destro con cross annesso sur secondo palo dovrebbe esse brevettato come er go’ de piattone a porta vota. Offre a Immobile la palla del vantaggio e lo trovi ovunque. A fa’ er centrale de centrocampo. Quello de difesa. La punta. Pare che Inzaghi, durante le riunioni tecniche, dopo ave’ spiegato i ruoli a tutti, se giri verso Senad e je dica: “E invece tu, Senad…tu…vabbè…fa un po’ come cazzo te pare!”

Parolo 6,5: “è fatto della stessa sostanza di cui sono fatti i recuperi, i contrasti, le chiusure.” (W. Shakespeare, “La Tempesta”)

Leiva 7: dopo dieci anni de Liverpool sei pronto pe’ affronta’ tutto. Un po’ come dopo ave’ fatto er militare nella Legione Straniera. Figurate se a uno come Lucas, il brasi-nazi, je ponno fa paura undici scappati de casa come i giocatori dello Steaua.

Luis Alberto 7,5: ah Luis, t’avemo sgamato. A gioca’ co’ la colla sugli scarpini so’ boni tutti. Grazie ar cazzo che er pallone nun te lo tolgono mai.

Murgia 6: entra sotto al diluvio e prende subito ‘na pallonata in faccia. Mejo de così.

Anderson 10: la prova che gli alieni esistono. Hanno capelli improbabili e ogni tanto si deprimono. Ma quando sono felici, diventano devastanti e giocano a calcio in modo divino. Dopo “E.T telefono casa”, “F.A. dribbling assist”.

Immobile 10: uomo del Sud, uomo di parola. Aveva promesso al Mister avversario “ci vediamo a Roma” e così è stato. Tre goal. Una prestazione di tecnica, agonismo e cuore. L’attaccante più forte in Italia. Uno dei più decisivi in Europa.

Caicedo sv: entra e rosica perché è costretto a fasse la doccia ma s’è dimenticato ‘o shampoo a casa. E l’ha dovuto chiede a Luis Alberto che c’aveva solo quello “per capelli forti e biondi come non mai”.

Inzaghi 7,5: col cappellino e l’impermeabile sotto la pioggia a spingere i suoi ragazzi alla vittoria come solo i grandi condottieri sanno fare. Sul goal di Immobile le telecamere lo immolano mentre calcia in porta come se il pallone lo avesse lui. Il segreto è tutto qui. Nel cuore prima che negli schemi. Simone Inzaghi, Laziale fracico.

AVANTI LAZIO

AVANTI LAZIALI