LA MIA LAZIO. LA MIA VOCE #2

Lazio-Steaua Bucarest è una partita di quelle che riconciliano con il calcio e con il tifo.

Perché c’è tutto. Tutto. Una rimonta fantastica. La tripletta del bomber. Il ritorno esplosivo di uno degli idoli della tifoseria. Una curva bella, ironica come solo quella Laziale sa essere. E per quanto mi riguarda, è stata l’occasione per convincere un mio caro amico a tornare allo Stadio e incontrare due nostri vecchi amici venuti apposta da Firenze per sostenere la squadra e spingerla alla rimonta.

Il paradosso, però, è che questo Lazio-Steaua, a detta di molti, non si sarebbe dovuto giocare. O quantomeno la Lazio avrebbe dovuto chiudere la pratica all’andata. E allora giù le critiche a Inzaghi per le scelte fatte. E a tutti i protagonisti rei di non aver chiuso subito il discorso qualificazione. Avremmo avuto così un ritorno inutile. Un turnover molto ampio. Una partita forse brutta. Chi lo sa. Fatto sta che non ci sarebbe stato tutto quanto, bellissimo, vissuto giovedì. Questo per dire che il Calcio ha le sue regole che la ragione non conosce. E che a fronte di una partita mal gestita ci potrà sempre essere la partita della redenzione. Quella che fa riscoccare una scintilla. Quella che riscalda, pur nel gelo e nell’umidità di un febbraio fin troppo rigido.

E allora viva il paradosso. Lo stesso paradosso che porta molti tifosi a chiedere alla società investimenti sostanziosi per andare a giocare in Europa. Per poi non andare a vedere la propria squadra giocare in Europa. In modo divino.

In modo speciale.

In modo Laziale.

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